Le Chiese

Tratto da Arnaldo Cocchi, Volume 1, Le chiese di Firenze dal secolo IV al secolo XX, Firenze, Pellas, Cocchi & Chiti successori, 1903

"I cenacoli, ossia le sale destinate per le quotidiane refezioni, che ordinariamente erano cene, furono i primi edifizi, nei quali i Cristiani si congregarono occultamente per la preghiera. Negli Atti degli Apostoli si parla del cenacolo di Gerusalemme, ove dopo l'ascensione del Signore gli Apostoli e molti altri, nel numero di quasi centoventi, si raccolsero ad aspettare la venuta dello Spirito Santo e dove per timore dei giudei si ritiravano con gli Apostoli i novelli cristiani per fare le loro adunanze. Un altro cenacolo si rammenta, posto in Troade, ove essendosi congregati una domenica i fedeli di quella città per ricevere l'Eucarestia, San Paolo predicò la sera fino alla mezzanotte.
Le adunanze nei luoghi di orazione si dissero «ecclesia», nome che nel tempo della pace fu attribuito agli edifizi destinati al culto. A questi, generalmente eretti dai fondamenti, in tutte le città fu dato il nome di «basiliche».
In mezzo ai fòri delle città greche e romane, la Chiesa nascente vide uno splendido edifizio, la «basilica», ed essa lo adottò qual tipo architettonico per le sue solenni radunanze; e nell'oscurità delle catacombe il fossore cristiano, ai primi oratori che scavò nelle viscere della terra, dette subito la forma della basilica, che poscia, dopo la pace di Costantino, comparve più splendida, più ricca e più magnifica della profana.
La Chiesa nell'adottare il tipo basilicale, ricopiò perfettamente non solo le linee generali dell'edifizio, ma ne mantenne il nome anche nelle parti accessorie.
La più antica memoria del nome «basilica», con cui fu distinto il tempio cristiano, trovasi nei processi della causa di Felice vescovo, ove viene riferita una lettera di Alpio Ciciliano a Felice, scritta nell'anno 303, nella quale si dice: «Galatius unus ex lege vestra publice epistolas salutatorias de basilica protulerit.» Fino da quell'anno dunque la «domus in qua christiani conveniebant» è detta basilica. In essa si celebravano le agapi, le omelie, i catechismi, le ordinazioni, i concili, come ci dice Optato, aggiungendo che nel 305, cessate le persecuzioni, il concilio si radunò in Cirta, in casa di Carisio Urbano, perchè le basiliche non erano state ricostruite, e tra le ricostruite si annovera subito quella di Perpetua, nel concilio Cartaginese secondo (390).
Splendide erano le basiliche cristiane anche prima della pace; onde fino da quel tempo vi si potè assegnare il posto a ciascun ordine di cristiani, come sappiamo facesse San Gregorio Taumaturgo nella basilica da lui edificata a Neocesarea, cioè i «peccatores» fuori della porta, gli «audientes» nel nartece, innanzi ai quali erano i «catecumeni» e i «subiecti», i quali dovevano tutti uscire dal tempio dopo la lettura della Sacra Scrittura e la istruzione, rimanendo con i fedeli i «consistentes», che pregavano insieme ma non comunicavano, e i «comunticanti», ai quali davasi il primo posto; gradi che sono espressi nel canone XI del concilio Niceno.
Costantino nell'anno 324 ordinò che le piccole basiliche di Roma si diroccassero e a spese del fisco se ne facessero delle più vaste, benché colla stessa forma. Esse erano vaste sale quadrilatere, divise ordinariamente in tre portici paralleli, con quello di mezzo il doppio più largo dei minori. Vi si accedeva da tre porte corrispondenti a ciascuno dei portici, e l'estremità talvolta terminava in un'«abside», talvolta in tre.
Nei portici stava raccolto il popolo; nell'abside stavano i sacerdoti col vescovo.
L'«abside » o «tribuna» aveva innanzi un grandioso arco detto maggiore, e il pavimento più alto, che dicevasi «bema», chiuso da cancelli o transenne. Nel fondo erano la cattedra episcopale e in giro i sedili per il clero. Due piccoli altari collocati a destra e a sinistra dell'abside, detti uno «prothesis», l'altro «apodosis», servivano per l'oblazione liturgica, come tuttora si pratica nei riti orientali.
Il corpo della basilica, detto «nave», soleva avere nel mezzo, presso l'altare, gli stalli per i cantori in due ordini paralleli alla lunghezza della nave, e poco discosto, il pulpito per l'evangelio e l'epistola, detto «ambone», dal quale si spiegava la Scrittura e si predicava al popolo, i cui due sessi erano divisi da un tavolato.
Davanti alle porte che davano accesso alla basilica era un portico, detto «portualium», e un atrio cinto di portici, nel mezzo del quale e talvolta allato della porta d'ingresso si trovava una vasca o pila, dove si lavavano le mani coloro che entravano per orare o per comunicare.
Talvolta tra il «bema» e la «nave» si aggiungeva un braccio traverso; cosicché la pianta della basilica prendeva la forma di una croce immissa (T), a cui congiungevasi il semicerchio dell'abside, che chiamavasi capo della croce.
L'abside e le pareti interne della basilica erano generalmente coperte di pitture raffiguranti i grandi avvenimenti della Sacra Scrittura o gli atti dei martiri. Talvolta anche le pareti esterne erano decorate di dipinti.
Le basiliche si dicevano «ad corpus» quando erano edificate sul sepolcro di un martire, e allora sotto l'altare avevano quella cripta che si chiama «confessione», che poi troviamo generalizzata per tutte le altre basiliche e nella quale si custodivano le reliquie dei santi.
La parte più importante del tempio cristiano è l'altare.
 

Cividale, museo cristiano, altare del duca rachis


L'espressione «altara» o «alta ara» o ara elevata, sulla quale si compievano i sacrifizi, è di gran lunga più antica del Cristianesimo.
Le genti di ogni tempo e di ogni paese ebbero altari eretti in onore delle divinità da loro adorate. I santi padri non esitano a servirsi, come i pagani, della parola «ara» o «altare»; essi sanno che non è possibile alcuna confusione, tanto è grande la distanza che passa tra il sacrifizio cristiano e l' immolazione pagana.
Il primo altare fu realmente una tavola: la tavola della cena di nostro Signore, dove fu istituita l'Eucarestia. Seguendo una costante tradizione, fu una tavola di legno quella su cui San Pietro celebrò a Roma i divini misteri nella casa del senatore Pudente.
Questa prima disposizione non tardò a essere modificata nelle catacombe. E certo che assai di buon'ora si cominciò a celebrare la liturgia sui sepolcri. Il decreto che ne ordina la celebrazione sui soli sepolcri dei martiri, è attribuito dal libro pontificale al papa San Felice.
Nelle basiliche cimiteriali l'altare fu quasi sempre collocato nel centro dell'abside, tra il popolo che occupava la nave e il clero.
Nelle cappelle sepolcrali l'altare fu collocato nel fondo e addossato alla muraglia. Questo fu quasi sempre una tomba scavata nel tufo e ricoperta di una tavola di pietra detta «sepolcro a mensa», ovvero un sarcofago con un «arcosolium» di sopra.
L'obbligo di celebrare la liturgia sulle memorie dei martiri è stato sempre rigorosamente osservato, e tuttora nel centro di ogni altare, in una piccola apertura, sono collocate delle reliquie di santi martiri. Questo piccolo sepolcro, che tiene luogo del grande sepolcro dei primi secoli, è talmente necessario, che se venisse a infrangersi e fossero tolte le reliquie, non vi si potrebbe più celebrare.
La forma dei primi altari fu dunque or quella di una tavola, or quella di un sepolcro; ma la materia predominante nella loro costruzione fu la pietra. Raramente vi fu impiegato il legno, che non tardò ad essere rigorosamente proibito. Se la Chiesa ordinò che soltanto la pietra fosse impiegata nell'erezione degli altari, e ciò in rapporto alla solidità e anche al significato simbolico, non per questo intese proscrivere l'uso dei materiali preziosi, i quali spesso furono adoperati nell'adornamento degli altari. Nella basilica lateranense Costantino fece collocare sette altari d'argento del peso di 260 libbre ciascuno e in Santa Sofia di Costantinopoli ammiravansi altari interamente d'oro, di meravigliosa ricchezza.
Verso il quinto secolo l'altare assunse ordinariamente la forma di un parallelogrammo allungato. Componevasi di sole tre lastre di marmo; due verticali all'estremità, sulle quali poggiava una terza lastra, che costituiva la mensa. Talvolta la parte anteripre era chiusa e veniva così a formare una specie di arca. Più spesso la mensa era sostenuta invece da due o da quattro colonne e anche da una sola.
Una decorazione da non passarsi sotto silenzio e che rivestiva l'altare di maggiore splendore, fu una edicola a forma di baldacchino, sostenuta da quattro colonne, inalzata sopra l'altare. Questo stupendo coronamento, tuttora esistente in molte basiliche d'Italia e specialmente di Roma, si chiamò «tegurium» o «ciborium» e la sua origine rimonta al secolo IV e serviva a sostenere i veli che chiudevano l'altare in alcuni momenti più solenni della liturgia.
Alla vòlta del «tegurium», appesa a una catenella, si trovava la «colomba» o la «turricla» argentea, nella quale conservavasi l'Eucarestia, uso più comune tra i greci, che presso i latini. Alle così dette colombe eucaristiche furono sostituiti i vasi detti pissidi, che si conservavano prima sugli altari e poi in un tabernacolo detto «pastophorium». Avanti il concilio di Trento si usava riporre il vaso con l'Eucarestia dentro un tabernacolo o armariolo, aperto nel muro, come quello in cui si conserva l'Olio Santo; ma ciò fu vietato nella sess. 13, c. 6, can. 7.

 

Pulpito di Gropina, Loro Ciuffenna (Ar)

 

La mensa dell'altare, durante la celebrazione dei misteri, era coperta dalle tovaglie di lino, che venivano tolte appena compiuti, uso tuttora in vigore nella liturgia del venerdì santo, giorno in cui torna a rivivere in gran parte l'antica liturgia di tutto l'anno, oltre la speciale sua propria. L'uso di porre sugli altari i lumi e i candelieri, presso i latini fu introdotto circa il secolo X, mentre i greci mai l'adottarono. I lumi erano sparsi per la chiesa o situati innanzi le tombe dei martiri, come dice il libro pontificale, accennando a quelli donati da Costantino alle basiliche di San Pietro e del Laterano, ove erano situati «ante altare».
I candelieri che servivano alle messe solenni erano sostenuti dagli accoliti in numero di sette, i quali li deponevano in terra presso l'altare o in mezzo della chiesa e di là li toglievano due fra loro e talvolta tutti e sette, per accompagnare il diacono, che si recava all'ambone per cantare il vangelo.

 


La forma tipica delle più antiche basiliche fiorentine possiamo desumerla da quella di San Miniato al Monte, sul genere della quale altre si trovavano in Firenze. Santa Reparata, dai ricordi che ci rimangono sparsi in molte antiche scritture, resulta che era simile a San Miniato e alla cattedrale di Fiesole. La maggior parte delle chiese di Firenze erano vòlte a oriente, di piccole proporzioni in origine e parche di ornamenti; tutte spiranti un senso di modesta e severa semplicità. Quasi tutte nei secoli XIII e XIV furono ingrandite e ricostruite nello stile architettonico allora in uso; però in quelle splendide ricostruzioni troviamo sempre osservato l'antico rito di separare mediante un muro, detto il «tramezzo», il santuario dalla parte riservata alle diverse classi di fedeli. Nel centro del tramezzo, oppure pendente dalla vòlta, vedevasi un grandioso Crocifisso dipinto, di cui resta tuttora qualche bellissimo esemplare. I tramezzi sparirono affatto nel secolo XVI, resi inutili dalla modificata disciplina della Chiesa.
Il gusto cambiato e corrotto dei secoli XVII e XVIII alterò le forme di quasi tutte le chiese, nascondendo quelle parti che potevano
apparire soverchiamente umili e modeste, per dar campo agli stucchi goffi e ineleganti, alle dorature, ai finti marmi e a tanti altri generi di ornamentazione, che vennero applicati dai primi del settecento in poi.
Il culto pure, per quanto spetta agli addobbi degli altari, andò lentamente guastandosi fino al punto, che vediamo quasi in ogni chiesa trasformato l'altare in una mostra di chincagliere, come giustamente osservava un dotto scrittore, ricoperto com'è di quadri, quadretti, vasi, fiori di carta, punto convenienti all'indole e alla storia della ecclesiastica liturgia e contro le rubriche, e dove spesso il minor luogo è concesso alla immagine del Crocifisso, che dovrebbe essere almeno la principale. E da augurarsi che, insieme al ripristinamento e ai restauri che man mano si vanno facendo alle nostre chiese, anche negli addobbi necessari al culto si tornì all'antica veneranda semplicità."
 

Cripta di Santa Reparata nel Duomo di Firenze
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