Donatello di Guido Carocci

Donatello
di Guido Carocci
Donatello di Guido Carocci
Tratto da Guido Carocci, Donatello, Memorie - Opere, Tipografia della Pia Casa di Patronato pei Minorenni, via Oricellari 17, 1887, Firenze

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"Fra la numerosa schiera di artisti che vissero in Firenze nella prima metà del XV secolo, Donatello è quello che più si elevò dalla massa comune, che più d'ogni altro seppe crearsi un tipo proprio, spiccato, diverso dagli altri e che più d'ogni altro contribuì a dare prima all'arte fiorentina, poi all'arte italiana un indirizzo nuovo, aspirazioni nuove. L'arte italiana dopo lunghi secoli di abiezione, di oscurità, di rozzezza aveva cominciato a sollevarsi, ad abbandonare le forme goffe, i contorni duri, il manierismo monotono e rivelava già il suo nuovo indirizzo alla imitazione del vero, all'espressione dei sentimenti, al movimento della vita.

Giotto, (Museo Opera del Duomo - Galleria degli Uffizi - Chiesa di Santa Maria NovellaChiesa D'Ognissanti) aveva sollevato già ad altezza sublime la pittura; Donatello si pose alla testa di quella corrente che lenta lenta s'avviava sul buon cammino, le impresse una vigoria nuova, un moto vertiginoso ed il vero sublime, il vero animato dal sentimento, dagli affetti/dalla fede, trionfò e l'arte della scultura raggiunse con Donatello la maggiore altezza. Donatello fu il genio dell'arte risórta, Donatello fu il maestro, la guida a cui s'ispirarono tanti altri artisti forti d'ingegno, ricchi di attitudine ai quali non mancava che la ispirazione, che venne loro da Lui, talché si può dire che in Donatello s'incarna l'arte italiana di quel secolo fortunato, che in Donatello si ammira e si festeggia l'arte del quattrocento,l'arte che per opera sua seppe così mirabilmente staccarsi ed emanciparsi dalla grettezza del passato. Ed ecco perchè a Donatello è stato assegnato tramezzo gli artisti italiani un posto così eminente, ecco perchè oggi in cui le arti s'ispirano più che per il passato al vero in tutte le sue molteplici manifestazioni, Firenze, l'Italia, il Mondo artistico, festeggiano la memoria di questo genio mirabile, intendendo di onorare in lui l'arte gentile che è rivelazione della civiltà dei popoli, l'arte alla quale la scuola del vero schiude orizzonti splendidi e infiniti."

Breve estratto dal libro di Guido carocci di cui sopra.
La vita di Donatello.

"Donato di Niccolò di Betto di Bardo o Bardi, nacque in Firenze nel 1386. Questo è l'anno che si può affermare con maggiore probabilità di precisione, esser quello in cui venne al mondo, perchè è quello che emerge da un maggior numero di portate della Decima, fra le quali la più antica del 1427, e perchè la opinione della maggior parte degli scrittori d'arte si attiene a questo. La famiglia sua era umile ed a renderne le condizioni anche meno floride, contribuì non poco il padre di Donato, Niccolò di Betto, scardassiere di lana il quale si lanciò completamente in mezzo al turbine dei partiti e delle fazioni che allora desolavano Firenze e dovette sottostare a vicende d'ogni genere. Fu senza dubbio opera dei partiti anche l'accusa che gli fu fatta d'aver tradito la patria tenendo segreta intelligenza con Carlo di Durazzo de' Reali di Napoli e che gli valse la condanna di morte, ma essendo riuscito a fuggire, potè di poi provare la sua innocenza e fu completamente rimesso nei suoi diritti dicittadino. L'esempio del padre valse probabilmente a tener lontano il figliuolo dai rumori della politica irrequieta di quei tempi e Donato visse sempre in un ambiente più calmo, più sereno, dedicando i suoi affetti, le sue cure, i suoi entusiasmi, tutto se stesso insomma, a quell'arte cui fin da giovinetto egli si sentiva attratto. Giovine ancora, egli era di fatti artista valente in grazia dell'ingegno non comune,della costanza nello studio ed anche dell'incoraggiamento e dell'ampia protezione che gli avevano accordato Giovanni di Bicci de' Medici e poi Cosimo suo figliuolo e i Martelli. [...]"

[...] "Il 13 dicembre del 1466 in una modesta casa di Via del Cocomero, oggi via Ricasoli, che teneva a fitto dalle monache di S. Niccolò, egli cessò di vivere carico di anni e di gloria. Un suo estremo voto fu esaudito con religiosa premura e la spoglia di lui fu deposta nei sotterranei di quel tempio di S. Lorenzo, che egli aveva ornato coi miracoli del suo ingegno, presso le sepolture delle famiglie alle quali egli sentiva di dovere fama e onori: i Martelli e i Medici.
Fu Donato uomo semplicissimo e modesto di modi, di quella modestia che era comune alla maggior parte degli artisti di quei tempi e sotto la quale si celavano un ingegno potente, una intelligenza mirabile, un animo pieno di entusiasmo per l'arte. Buono, cortese, affettuoso con tutti, si può dire che non avesse nemici e standosene affatto estraneo alle lotte terribili che in quei tempi tenevano sotto sopra la nostra città, riuscì ad avere amici sinceri edaffezionati in ogni classe di cittadini, in ogni fazione politica, tanto che la morte di lui fu un lutto al quale Firenze tutta partecipò, trovando nell'ammirazione e nel compianto del sommo suo concittadino una concordia di sentimento che forse non erasi mai dimostrata in altre occasioni. [...]"
 
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Copia di Giuditta e Oloferne, Ombra su Palazzo Vecchio
 

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