Amore e Imeneo, unione

Amore e Imeneo uniscono due anime
Amato da Apollo, da Espero, da Tamiri, era amico e compagno di Eros, dio dell'amore

L’amore che si concretizza.

Imene od Imeneo era cantato al principio degli inni e cori nuziali di Grecia e di Roma. Imene o Imeneo è ancora una figura di Eros, di Amore, ma più seria, più grave e disarmata. L'Amore ha sempre l'arco e il turcasso, per ferire i cuori; Imene non ha bisogno di far nuove ferite. Egli è coronato di rose, come l'antico sposo nelle nozze, e tiene in mano la fiaccola, la teda nuziale, che deve accendere e tener vivo il fuoco sacro sull'ara domestica.
Imene non è di certo un nume primigenio; ma una figura sociale dell'antico mito di Eros, corretto, ridotto, castigato, ingentilito. Esso è il Dio del Matrimonio, che viene a fermare, in una composta civiltà, il disordine degli amori vaghi ed irregolari. Perciò una leggenda fa pure d'Imeneo un giovine eroe, il quale strappa una vergine dalle mani dei corsari che l'hanno rapita, per condurla alle nozze desiderate.
Si direbbe un fratello d'Amore; ma, nella genealogia mitica, anzi che un figlio di Marte e di Venere, egli appare figlio di Apollo e di una Musa, ora Calliope, ora Tersicore, ora Urania; come figlio di Urania, esso ha tuttavia evidenti attinenze con Afrodite, nata dall'oceano celeste; ed infatti un'altra genealogia ne fa un figlio di Bacco e di Afrodite. Orfeo e Jalemo, poeti cantori, gli si danno come fratelli.
Egli è caro specialmente ad Apollo, ad Espero e allo stesso Eros, con cui spesso s' accompagna. La pompa d' Imeneo era nel rito romano accompagnata da danze fescennine (1), da grida oscene; il che potrebbe far credere che il "Dio non fosse casto; ma tutte le allusioni son dirette alla battaglia del gran giorno delle nozze, alla vittoria che lo sposo deve ottenere sopra la vergine ribelle, alla vit​tima del talamo nuziale. Imeneo assiste, con gravità religiosa, a quelle cerimonie, e le consacra.

L’imeneo rappresenta il matrimonio, il fidanzamento, la famiglia che nasce, che si sviluppa.

Bartolomeo Pinelli ha rappresentato assai poeticamente Imeneo congiunto con Amore; l'uno e l'altro nume recano un'anima personificata in farfalla; le due farfalle si baciano scaldate, ma non bruciate, dal fuoco che arde sull'ara nuziale; il sesso delle due farfalle non si deve vedere; l'unione loro ha da essere semplice e perfetta, la scena è tranquilla, e spira molta pace; Amore abbassa l'arco, ma sorride nel vedere come le due farfalle si uniscono; Imeneo guarda malinconicamente le due anime, ma tiene pronta la face, per rianimare il fuoco, nel caso che possa estinguersi sull'ara, e l'amore appena nato raffreddarsi. Tutto è casto in questa rappresentazione, piena di dolce mistero, che mette nella varia scena dell'Olimpo ellenico una nota severa, quasi religiosa. Essa è nata da quello stesso ordine di
concepimenti che generò, a traverso le vaghe fantasie del mondo filosofico, creatodalla mente di Socrate e di Platone, il grazioso e malinconico romanzo di Psiche.
Si direbbe che nelle due farfalle che si baciano sull'ara nuziale si raffigura il bacio d'Amore e Psiche, la quale in questo caso parrebbe rappresentata da Imeneo.
Come nella Venere che allatta Amore, mesta nel presagio di futuri tormenti amorosi o del prossimo abbandono, il Pinelli, inconscio, adombrò la favola di Psiche; così in questo incontro di farfalle innamorate che si sposano, si direbbe che l'Amore gode del bene presente, e che Imeneo mostra qualche inquietudine, per quello che potrà succedere, a pena l'Amore si scosti dall'ara nuziale, dal talamo di Psiche.

(1) Fascennini. Carmi campestri e satirici degli antichi Latini, la cui origine, convessa con usi rustici, è illustrata in un famoso passo di Orazio:
"Gli antichi agricoltori del Lazio, dopo aver riposto il grano, davano ristoro, nei giorni di festa, al corpo e anche all'animo che aveva sostenuto le fatiche con la speranza di vederne il termine. Insieme con i compagni di lavoro, i figli e le mogli fedeli, essi solevano placare Tellure con un porco, Silvano con latte, il Genio che sa la brevità della vita con fiori e vino. L'usanza produsse la licenza fescennina (fescennina licentia) ch'ebbe sfogo in rustici sarcasmi a versi alternati. La libertà del fescennino, sinché si limitò a scherzi piacevoli, fu ben accolta nelle ricorrenze annuali. Ma gli scherzi divenuti crudeli cominciarono poi a trascendere in rabbiosi attacchi personali, penetrando truculenti e impuniti in case oneste..." (Epistole, II, 1, 139 segg.).

Imene di Nicolas Poussin
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