Campanile della Chiesa di Santa Croce

Campanile della Chiesa di Santa Croce
prima del 1865

 

Dal lato sinistro della facciata, che abbiamo descritta quale la è, vedesi il cominciamento d'una grandiosa torre quadrangolare che dovea servire ad uso di campanile; ma prima di scendere ai particolari di questo edifizio incominciato e non finito, ci par necessario di prender le mosse da più alto.
La chiesa di Santa Croce ha avuto più campanili. Si sa che ne aveva uno il quale sorgeva dietro la cappella maggiore degli Alberti, e non ci è dato, per mancanza di notizie positive, di dire qual ne fosse la forma. Questo campanile, fino dal 1462 minacciava rovina; il Comune lo sapeva, i frati se ne affliggevano, ma non pare che ai bisogni susseguitassero immediati i rimedi; forse vi si fece qualche ristauro, forse non si credè alla imminenza del pericolo. E la rovina minacciata si verificò mezzo secolo dopo. Un fierissimo temporale imperversò verso le quattro pomeridiane del dì li luglio 1512; vento, grandine, fulmini pareano congiurati a sobbissar la città; una saetta colpì in questo trambusto il campanile che si rovesciò sulla tettoia della chiesa, e ne sprofondò sette cavalletti, i quali precipitando nel tempio fecero immenso danno nella cappella , nel tramezzo e al pavimento. Guasti siffatti ci farebbono dubitare se quel campanile fosse a vela, come alcuni vanno opinando; nulladimeno è certo ch'ei fu di mole non piccola, e in questa credenza ci corrobora il vedere nei ricordi dell'Archivio dell'Opera, registrato che la campana grossa (e tre per lo meno dovevano esservene (1)) la quale in tanto rovinio si spezzò, pesava 2,800 libbre.

Il disgraziato caso scosse il Comune, e nell'anno stesso furono assegnati duemila fiorini per ricostruirlo. Ma all'assegnamento, di cui troviamo ricordo nell'Archivio diplomatico, mancò forse l'effetto? Se ne potrebbe dubitare, e con qualche ragione, riandando la storia tempestosa di quel tempo; guerre esterne, turbamenti interni, spese smodate per entrar nella Lega Santa, odio contro i Medici, frequenti congiure. Intanto troviamo che solo nel dicembre del 1518 (quattro anni dopo!) fu fatto partito dagli operai che si gittasse una campana di maggior calibro, servendosi del metallo di quella spezzata, ed aggiungendovene del nuovo; e troviamo che solo nell'aprile del 1544 (ventiquattro anni più tardi!) la nuova campana fu battezzata in Santa Croce nei nomi di Vittoria, Maria, Romola, e tirata sul solito campanile dietro l'altar maggiore. Maestro Zanobi di Pagno di Lapo ne fu il fonditore(2). Dunque o i duemila fiorini non furono pagati, o lo furono in parte; somma così vistosa non poteva essere consumata in semplici risarcimenti del vecchio campanile.

Ma sia che ad onta dei restauri egli non presentasse tutta la necessaria sicurezza, sia che il desiderio di far opera più sontuosa, come aveala già fatta, con ardimento unico al mondo, Santa Maria del Fiore, movesse gli operai , i frati e i benefattori , fino dal maggio del 1549, si trova fatto menzione d'un nuovo campanile che vuol farsi allato della facciata dalla banda di Settentrione.
Il ricordo è questo: «Ricordo come addì 19 di maggio 1549 , come noi habiamo ottenuto da Sua Eccellenza che li signori Sei di Mercantia della città di Firenze siano tenuti per l'avenire di dare alla nostra Opera di Santa Croce soldi dua per lira di tutti i diritti et extradiritti che si pagheranno in detta corte di Mercanti e per meglio dire di tutti quei diritti e stradiritti che si troveranno de entrata di detta corte, di che ne appare partito fatto per li magnifici Consiglieri di Sua Eccellentia sotto detto dì; li quali denari hanno a servire per murare il campanile della nostra chiesa di Santa Croce » (3).
E pare vi si ponesse mano subito, poiché rotta con poco giudizio la loggia in prossimità della facciata, nel 1549 si era dato opera a cavar la terra pei fondamenti; sotto dì 22 agosto 1551 si tirava su la muraglia del campanile presso le scalee sopra il fondamento già fatto per otto braccia (4), e nell'ottobre dell'anno stesso a Francesco di Giuliano da San Gallo, che era architettore dell'Opera, si pagavano soldi 11 di certi vasetti di medaglie da mettersi nei fondamenti (5).  

 


E qui si manifestano di subito due gravissimi errori in cui sono caduti alcuni storici di questo monumento , e alcuno anche dei più diligenti.
Il primo errore è quello di aver sostenuto che il disegno di questo campanile sia di Baccio Bandinelli; l'altro di aver detto che anche di questo volesse far la spesa Castello Quaratesi, e che restasse interrotto come la facciata, perchè al solito gli Operai gli avessero negato di apporvi il suo stemma.
Rispetto al primo errore noi non faremo forza di argomenti per combatterlo, imperciocché l'autorità delle carte che abbiamo esaminate e citate non ammette dubbio; rispetto al secondo ci si consentano alcune considerazioni.
Fu detto che Castello Quaratesi volesse far la facciata a sue spese nel 1425 o in quel torno; la quistione insurta fra lui e gli operai ne lo fecero desistere, ed egli erogò la cospicua somma nella fabbrica della chiesa di San Salvatore e San Francesco al Monte del Re, che nel 1430 era già cominciata, e nel 1450 finita (6). Sappiamo eziandio che altre cospicue somme aveva erogate nello stesso tempo in ristauri nella chiesa di San Niccolò Oltrarno, e le sue armi nell'una e nell'altra chiesa moltiplicate lo attestano.
Ora nel 1512 rovina il campanile, e nel 1550 s'era già dato mano a rifabbricarne un nuovo.
Come mai vuol farsi promotore di quest'opera il Quaratesi? Qual età dovette egli avere quando nel 1425 pensò a far la facciata? forse trent'anni? si dura fatica a credere che in quell'età potesse esser mosso da così pio desiderio; è dubbioso per giunta, se allora avesse potuto disporre liberamente di si cospicuo censo, quale richiedevasi per quella impresa; ma vogliamo assentirlo. E qual'età avrebbe avuto allorquando avvenne la rovina del campanile nel 1512?— ottantasette anni! Quale età avrebbe avuto quando nel 1550 si gettarono le fondamenta della nuova torre che vuoisi attribuita a lui? — centoventicinque anni!!
Dovrebbono bastare queste ovvie considerazioni per rovesciare la gratuita asserzione del leggerissimo Biadi che ci vien fuori con un ricordo comunicatogli gentilmente, dice egli, dalla famiglia Quaratesi; nulladimeno aggiungeremo ad esuberanza altre considerazioni.
La somma che doveva erogarsi nella facciata, volse il Quaratesi in risarcimenti della chiesa di San Niccolò e nell'intero edilìzio d'una chiesa al Monte; e morendo, raccomandò quest'ultima all'Università dei Mercatanti, istituendola erede, coll'onere d'invigilare al mantenimento di quella. È egli possibile ora che questo cittadino, fosse pure facoltosissimo, potesse far fronte ad un tempo a siffatte spese sterminate? no, mai no. Le prime linee del campanile ci danno diritto di negarlo. Per ultimo poi vuoisi aggiungere che quel cittadino il quale al risentimento d'una repulsa, ond'era stato ferito nel più vivo dell'anima, potè sacrificare l'amor della patria e lo zelo pel culto divino, non si sarebbe mai più esposto ad un secondo rifiuto; — mal conosce il cuore umano chi vuol sostenere una contraria sentenza.Il campanile sulla facciata rimase in sulle prime mosse interrotto, e per la semplicissima ragione che i denari mancarono per condurlo a fine (7).
 


Troviamo poi che si meditasse più tardi la costruzione d'un altro campanile a torre, in prossimità, sempre della sagrestia e del convento, ma di più modesta archittettura. Nell'angolo destro nell'interno della cappella de'CastelIani, ora del Sacramento, presso la parete che la divide dalla cappella de' Barberini, vedesi tuttavia un pilastro o sodo sporgente con una porticella che metteva anticamente e tuttavia mette a una scala destinata a salir sui tetti. Questa porticella, che aprivasi dov'è ora la detta cappella de' Barberini, a consiglio del Vasari fu trasportata nel 1571 o in quel torno, nella cappella de' Castellani dove è ora; ciò sappiamo da lettera autografa dei Vasari stesso (8). Su questo pilastro dunque, che è contemporaneo alla costruzione della cappella (e ne fan fede l'architettura e il rilievo delle aureole tuttora visibili alle teste dei dipinti del Gaddi o dello Starnina a dispetto dell'intonaco, si era fatto disegno verso il 1580 di alzare un altro campanile a torre.
Quello che diciamo, e che altri non aveva detto, ha fondamento in una perizia di campanile, senza data, che trovammo nell'Archivio dell'Opera, scritta di mano d'un Francesco di Guglielmo Ciacchi provveditore dell'Opera stessa nel 1580-1581, col titolo di Spesa per fornire il campanile dietro la cappella de' Castellani (9).

Noi trascrivemmo questa perizia, e la mostrammo all'architetto signor Cav. Baccani, il quale, appoggiandosi all'esatta descrizione di tutte le parti d'un campanile, contenuta in essa, con rara cortesia, quantunque non lo conoscessimo , si compiacque a nostra richiesta disegnarcene la pianta e lo alzato, che noi, come suo dono gentile, vogliamo conservare.
L'ignoto architetto si avvantaggiava dunque di quel sodo o pilastro, e coll'aiuto di otto beccatelli, piantati nel sodo fuori del tetto della cappella e coll'appoggio del muro che facea la vece d'un nono beccatello, alzava un campanile o torre quadrata, allargandone la pianta per braccia trentatrè, compresivi il tetto a capocchia, come è scritto nella perizia, o a sesto acuto, coprendolo di embrici confitti e murati. Ma non pare che questo campanile fosse cominciato, e sebbene la perizia che citiamo contenga fra gli altri, questo paragrafo: per sessanta scaglioni a chiocciola per salire fino al piano dove si posano e' pilastri si ragiona £ 5 l'uno ec. e che questa scala duri tuttora della forma qui sopra descritta, si deve credere che gli scaglioni dei quali si parla dovessero aggiungersi a quelli che tuttavia esistono e che datano dalla prima fondazione della chiesa , onde pervenire ai pilastri che sono quelli fra i quali volea piantarsi il castello delle campane.
Ma le cagioni medesime che ostarono alla costruzione della torre sulla facciata, ostarono per avventura alla costruzione di questa, e fu forza tornare a risarcire, a rafforzare l'antico campanile dietro Sa cappella maggiore , col quale si andò avanti fino all'anno 1842 (10).

In quest'anno, cresciuto nei frati il desiderio di avere un campanile, che pella sua mole e per la sua architettura corrispondesse al concetto primitivo della loro bellissima chiesa, incoraggiti da alcune pie elargizioni di benefattori che in questo desiderio li venivano infervorando, con mirabile sforzo poterono mandare ad effetto nel secolo XIX un'impresa cui non era bastata la buona volontà degli uomini del secolo XVI, e allogarono la commissione di una torre campanaria all' architetto dell'Opera di Santa Maria del Fiore, cavalier Gaetano Baccani, con pubblico atto stipulato sotto dì 2 marzo, fermandosi, dopo mature considerazioni, nel proposito di fondarla dietro l'altar maggiore. Si vollero rimproverati quei religiosi perchè non avessero continuato la torre campanaria, quale la disegnò e l'aveva incominciata Francesco di Giuliano da San Gallo; e si disse che sopra le fondamenta ormai gittate, e su quei basamenti la si sarebbe potuta con maggiore agevolezza , con minor dispendio e con più decoro del monumento inalzare.

Noi che abbiamo gridato contro l'anacronismo imperdonabile, contro il sacrilegio del Vasari perchè deturpò l'interno della chiesa con cappelle di stile non conveniente ai concetto del primo architettore, crederemmo di essere in contradizioue manifesta con noi stessi, ove facessimo eco a quei rimproveri, che non uscirono però dalla bocca di artisti assennati.
Nel nostro secolo in cui l'amore pel tipo architettonico dell'arte cristiana par che riviva nella novella generazione; nel nostro secolo in cui si comincia a guardar con riverenza a quelle tavole di Cimabue, di Giotto, di Masaccio, del Ghirlandaio, donde non sdegnava levare i suoi concetti più belli lo stesso Urbinate (11); nel nostro secolo insomma in cui si chiamano con ragione Vandali ed Ostrogoti coloro che colla smania del ristauro, confusero i tipi onde s'improntano i secoli, e cancellarono dalla nostra città quella fìsonomia nazionale e tutta sua che la faceva reverenda ed invidiata; nel nostro secolo, diciamo, non si sarebbe potuto senza vergogna continuare il disegno di Francesco da San Gallo, quantunque le poche linee che ne rimangono, siano grandiose, severe e lodevoli. Non si sarebbe potuto continuare perchè se un dì o V altro la facciata potesse esser finita, dovrebbe necessariamente rispondere all'interno, all'idea primitiva d'Arnolfo; perchè allora facciata ed interno sarebbero in opposizione aperta colla torre del San Gallo.
Ad ogni modo la quistione per noi non sta tanto sul luogo, quanto sul modo. Se si voleva fare il campanile presso la facciata , doveva distruggersi il basamento che v'è, creare una torre di pianta, che fosse in accordo coll'intero monumento; 1'architetto doveva per quanto fosse potenza in lui, farsi traduttore del concetto di Arnolfo, fare abnegazione alle ispirazioni ricevute da' suoi maestri accademici, i quali fuori delie linee ridenti dei Greci e dei Romani non vedevano altro che goticismo e barocchismo. Il continuatore non poteva, non doveva farsi creatore.
Aggiungiamo, rispetto al luogo, che quel loggiato il quale si prolunga dal lato di tramontana, e che veniva fino sulla facciata dov'è ora la mossa del campanile del San Gallo, e che per la maggior parte fu murato e distrutto, era nella idea di Arnolfo, il quale voleva che ambedue i lati del tempio, a tramontana e a mezzogiorno fossero fiancheggiati da un portico; e lo averlo interrotto pare a noi sia stata opera invereconda. E queste parole pronunciamo con maggior franchezza e colla speranza che non abbiano ad essere indarno, oggi che, ci vien assicurato, sì medita di sgombrare il portico settentrionale da quell'impaccio mostruoso di meschine botteghe le quali lo ostruiscono e deturpano l'insieme del monumento; si medita di levar via quel tentativo di campanile, per ricondurre le linee del portico fino sulla facciata, ammendando l'insulto fatto ad Arnolfo. Oh! sia coronato di lieto successo lo zelo degli ottimi Operai, il desiderio degli amatori della patria.
Insomma il campanile disegnato dal Baccani fortunatamente non è tolto in prestito dai canoni palladiani o dai concetti accademici; egli serba il carattere della chiesa e se ne impronta; esso è un riverbero dell'antica architettura, ce la ricorda e noi si rallegriamo della opportunità dell'esempio.
«Il campanile di Santa Croce, scrivevaci a questi giorni un giovine architetto di belle speranze e nudrito di ottimi studj, è ben inteso come collocazione perchè, oltre buone ragioni che escludevano l'idea di collocarlo altrove, al posto dov'è, da ogni punto compone pittorescamente colle linee dell'edilìzio a cui viene ad innestarsi; è bene eseguito come modo di costruzione, perchè si collega ottimamente col caràttere della costruzione esterna dell'edifìcio medesimo; è ben concepito come pensiero, perchè nel suo carattere, rammentai tempi più vicini a quelli in cui quel mirabile edifizio inalzavasi.
 

Ricordi di Architettura, 1880

 

Una critica scrupolosa potrebbe forse trovar gentili troppo e magrette le proporzioni del suo insieme, se mettonsi in rapporto colla caratteristica severità della chiesa; e potrebbe in complesso mostrar desiderio di maggiore originalità. La critica potrebbe così discorrerla: Se Arnolfo avesse dovuto creare un campanile da andare unito all'originalissima sua chiesa, avrebb'egli voluto ispirarsi e quasi copiar quello di qualche altra chiesa preesistente, o avrebbe saputo improntare della istessa originalità anche cotesta nobilissima parte dell'edifizio ?.... Ma lasciando da parte quello che Arnolfo o chi fosse vissuto al suo tempo, avrebbe potuto concepire, e guardando alle cose quali sono e non quali potrebbono essere, io, per me, dico che nell'attuale epoca, povera d'idee proprie e ricca d'anacronismi e di servili imitazioni, è sommamente da lodarsi colui che sa combattere la pretensione dominante di essere originale a carico del buonsenso e del buon gusto, e preferisce di farsi coerente ed assennato imitatore di quei concetti che esso, per la vana a indole de' tempi, per la diversa educazione, per infiacchito sentire, è decisamente posto nell'assoluta impossibilità d'immaginare convenientemente e di convenientemente eseguire».

Volentieri abbiamo riferite queste parole di un artista ed architetto, non solo perchè consuonavano a capello colle nostre idee, ma anche perchè sappiamo che gli artisti in generale si adirano , si contorcono quando noi, poveri scrittori osiamo pronunciar giudizio sulle opere loro, e ci chiamano ignoranti, e ci negano il diritto di parlar d'arte. Eppure pittori/scultori, architetti, fossero o non fossero istruiti, nei secoli andati ricorrevano spesso agli scrittori, e si giovavano dei loro lumi; e Raffaello era amicissimo del Bembo e dell'Ariosto e non sdegnava di consultarli; e il Vasari stesso, che certo non era ignorante, non moveva passo senza il Borghini (12), e dava i suoi lavori a correggere ad Annibal Caro (13). Tacciamo d'infiniti altri.
Concediamo ai permalosi, che uno scrittore non abbia a pronunciar francamente sulla forma, sui modi estrinseci dell'arte, ma rispetto al fondo, all'idea, noi sostenghiamo, che chiunque abbia intelletto e gusto e poesia possa acconciamente parlare, e noi non siamo disposti a rinunciare a questo diritto.
Dopo una digressione soverchiamente lunga, ma forse non inopportuna, aggiungeremo, per ultimo, che furono collocate sul campanile sei belle campane, che furono fuse da Quinto Rafanelli e fratelli a Pistoia; e a quanto dicesi il suono loro è sembrato agl'intelligenti limpido e benissimo armonizzato.

 

Tratto da Filippo Moisè, Santa Croce di Firenze illustrazione storico-artistica, Firenze, a spese dell'autore, 1845

Filippo Moisè, nacque a Firenze nel giugno del 1803. Dal giugno 1845 fu archivista presso l’Archivio Mediceo e quindi, istituito nel 1852 l’Archivio centrale dello Stato, fu nominato vicepresidente ed archivista generale per gli archivi storici ed elaborò un inventario delle filze dei carteggi dal duca Alessandro al granduca Cosimo II.  Nel 1856 fu nominato direttore dell’Archivio di Stato di Firenze, incarico che un’improvvisa morte gli consentì di ricoprire solo per pochi mesi.

 

(1) Nel concilio Aquense celebrato sotto Gregorio XIII nel 1585 fu stabilito:
Campanas tres aut saltem duas unaquaeque parocchialis ecclesia habeat; simplex ecclesia et oratorium unam tantum campaulam habeat.
(2) Archivio dell'Opera di Santa Croce. Codice 418.
(3) Codice 405 , c. 114.
(4) Cosi un ricordo dell'Archivio Cod. 430.
(5) Cod. 419 a c. 72.
Libro. — Debitori e creditori dell' Opera di Santa Croce.
Addì 22 agosto 1551.
Per spese della muraglia del principio del campanile ec.
Addì 31 ottobre 1551.
A M.° Francesco da San Gallo per vasetti per le medaglie da mettersi nel campanile.
(6) Nel 1430 si fabbricano il convento e la chiesa di Fiesole, e di San Francesco al Monte. — Spogli dello Strozzi alla Magliabechiana.
(7) L'assegnamento fatto a Santa Croce dalla Repubblica, poimconfermalo da Cosimo, dei soldi due per lira sopra i diritti, ec. che si pagavano alla Corte di Mercanzia dai litiganti, fu più tardi ridotto a scudi 25 al mese; poi a scudi 120 all'anno, fino al 1651; per ultimo o non si pagò più, o si pagarono piccole somme ed a sgocciolo. Nel 1783 l'opera faceva ammontare il suo credito contro i Sei di Mercanzia alla ingente somma di scudi 105,720!
(8) «Appresso che a Bancho di Barberino e che possa murar la porla che va sopra i letti, e mellerla di la nella cappella de' Castellani, pure a sue spese, e che solleciti l'opera sua. Lettera del Vasari del 1571 a M. Matteo Benvenuti. Archivio dell'Opera, Codice 426.
(9) Archivio dell'Opera, Cod. 426 a c. 15.
(10) Nel disfar ultimamente questo campanile si trovò in esso incastrata l'arme del popolo. Certo quando fu ricostruito dopo la metà del secolo XVI, il popolo non aveva più stemma in Firenze; le erano Palle per lutto; dunque par provato che quell'arme vi era ab antiquo, e che vi fu rimurata in ossequio agli antichi padroni, come suol praticarsi sempre.
(11) La Trasfigurazione, una delle ventisei storielle dipinte da Giotto, che dalla sagrestia di Santa Croce, passarono nell'Accademia delle Belle Arti, è prova di quello che diciamo. Vedasi la Trasfigurazione di Raffaello e si paragoni con quella di Giotto.
(12) Vincenzo Borghini. La ricerca storica fu per lui, prima di tutto, filologia, distinzione tra storia e mito, tra storia e leggenda, eppoi valutazione e confronto incrociato fra le fonti, da utilizzare secondo un censo da definire, e da collazionare con la ragione dei testi e delle culture che li avevano prodotti e accompagnati.
(13) Annibale Caro (Civitanova Marche, 6 giugno 1507 – Frascati, 17 novembre 1566) è stato un traduttore, poeta, numismatico e drammaturgo italiano.

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