Il Ghetto ebraico fiorentino

Il Ghetto ebraico a Firenze
di Guido Carocci, 1886

Una bella ricostruzione in plastico dell'antico ghetto si trova al museo ebraico del tempio maggiore israelitico di Firenze.

Ricordare la storia e riflettere sul presente è fondamentale per combattere qualsiasi forma di odio basato su differenze culturali, religiose o etniche. La promozione dell'uguaglianza, del rispetto reciproco e della comprensione tra le persone è un impegno fondamentale per costruire un mondo più giusto e pacifico.

 

Si può affermare che un periodo di rinascita per questa parte dell'antica Firenze abbia avuto inizio con la sua trasformazione in un luogo di residenza e confinamento per gli israeliti, cioè nel 1571. Questo cambiamento fu influenzato dalle confische di Cosimo dei Medici nei confronti di alcune famiglie che avevano strenuamente difeso la libertà di Firenze contro la crescente signoria medicea. Queste confische portarono all'acquisizione a condizioni estremamente svantaggiose e all'imposizione di tasse sugli israeliti. Questo contesto portò alla trasformazione di un ampio rettangolo in un'area dedicata esclusivamente agli israeliti, da cui derivò il termine "Ghetto", che significa "separazione" in ebraico. 

Gli israeliti erano già presenti a Firenze dall'incirca del XIV secolo, poiché nel 1430 la Repubblica di Firenze deliberò le condizioni per il loro arrivo in città. Questa concessione fu fatta principalmente per sostenere il commercio cittadino, poiché a Firenze nessuno poteva prestare denaro a un tasso di interesse inferiore al 30 per cento. Di conseguenza, gli israeliti furono autorizzati a prestare denaro al tasso di 4 denari per lira al mese.

Tuttavia, inizialmente furono pochi gli ebrei che decisero di stabilirsi a Firenze, e coloro che lo fecero si insediarono in una delle stradine più modeste e oscure di Oltrarno. Questa strada, originariamente chiamata Chiasso de' Rammaglianti a causa di un'antica famiglia, divenne successivamente nota come Via dei Giudei.

Sebbene gli israeliti avessero portato vantaggi economici alla città, non erano trattati con gentilezza e subivano persecuzioni ovunque andassero. La Repubblica fiorentina agiva in sintonia con l'autorità della Corte di Roma, che era il centro naturale e il capo del partito guelfo. Questo è evidenziato da diverse circostanze, come la condanna a morte di Guglielmo dì Dattilo di Monte Falcone, un ebreo, nel 1434, non solo per compiacere il Papa ma anche per altri reati. Inoltre, agli ebrei fu imposto di indossare un segno distintivo nel 1439.

In generale, gli ebrei dovevano essere separati dai cristiani e sorvegliati da vicino, anche dopo aver svolto affari commerciali con loro. Nel 1439, fu stabilito che a Firenze non avrebbero potuto risiedere più di 70 ebrei. Nel 1471, fu concesso loro di aprire due banchi di prestito. Tuttavia, nel 1495, i prestiti avevano fruttato loro così tanto profitto (11 milioni di fiorini d'oro) che il popolo cominciò a minacciare un massacro. Di conseguenza, la Signoria emanò un bando severo che cacciava gli ebrei da Firenze e dal suo territorio. Nel 1499, la mancanza di ebrei disposti a prestare denaro divenne un problema così urgente che il bando fu revocato, e la Repubblica permise loro di risiedere a Firenze in cambio di un pagamento di 200.000 fiorini. Nel 1567, fu loro ordinato di sostituire il segno distintivo sugli abiti con un cerchio giallo abbastanza grande da essere sempre visibile (Vedi foto).

Successivamente, Cosimo dei Medici, sotto l'impulso del Papa Paolo IV, decise di radunare gli ebrei, precedentemente dispersi in varie parti della città, in un luogo chiuso, noto come il Ghetto. L'architetto Bernardo Buontalenti convertì gli antichi palazzi e case in un unico edificio, chiudendo i vicoli e lasciando solo due aperture con cancelli di ferro. Il 6 dicembre 1571, gli israeliti si trasferirono nel Ghetto.

Inizialmente, il Ghetto non era particolarmente confortevole, ma Cosimo I non concesse alcun favore agli ebrei. Le persecuzioni, i bandi, le multe, la sorveglianza, la prigionia e le punizioni con il cordone erano applicati con una severità estrema. Questo trattamento può essere evidenziato da una relazione del Granduca in cui si legge dell'arresto di un ebreo, Giacobbe Ebreo, per aver lasciato Firenze per oltre un mese dopo aver ottenuto un permesso di quattro giorni. Giacobbe Ebreo era povero e non poteva pagare la condanna. La determinazione del Granduca fu chiara: esilio dallo stato e divieto di ritorno:
«Noi condannammo sotto di 18 di Luglio, passalo, Jacobbe hebreo, in D. X. perchè era uscito fuor di Firenze con licenza di star 4 giorni et era stato più d'un mese trattenendosi per suoi negozi in diversi luoghi di questi Dominii. Dipoi non ha pagato altrimenti detta condannazione et si sta in carcere donde non si può trarre senza tal pagamento, se non per grazia di V. A. S. et però sua madre (Madama Stella) dice che egli è mendico et si morrà in dette carceri per non bavere modo alcuno a pagare et supplica grazia della condannazione o che sia composto a pagarla in 5 anni. Sopra a che ritraghiamo esser vera che è povero e meschino et senza dirne altro preghiamo.»
«Firenze 8 agosto 1577»
Sotto a questa memoria è scritto:
«Riebbesi il 12»
E più sotto la determinazione del Granduca, che non è certo una grazia.
«Confinisi fuor dello stato et che non ci ritorni.»
Dopo il periodo di Cosimo, le condizioni per gli israeliti iniziarono a migliorare. La Granduchessa Bianca Cappello, grazie alle sue amicizie con alcune donne ebree, cercò costantemente di intervenire a favore degli israeliti, ottenendo il perdono per la presunta portata di una pestilenza a Firenze. Cosimo III fu anche meno severo nei loro confronti e fece eseguire numerosi lavori per migliorare le condizioni del Ghetto.

Gli israeliti a loro volta cercarono di rendere meno triste il loro isolamento. Nel Ghetto erano presenti due templi principali, uno per il rito italiano e l'altro per il rito levantino, oltre a una confraternita e un tempio minore per le funzioni quotidiane, una confraternita funebre, scuole educative, sale per feste e conversazioni, bagni, macelli, forni, negozi che vendevano generi alimentari e abbigliamento, così come residenze confortevoli ed eleganti.

Le sale degli antichi palazzi erano state in gran parte conservate e decorate con pitture, stucchi e dorature. Alcuni di questi palazzi presentavano affreschi del XVII secolo che raffiguravano soggetti dell'Antico Testamento. Nonostante la mancanza di spazio aperto e luce solare dovuta all'alta densità di edifici, il Ghetto non era affatto un luogo orribile o ripugnante quando era abitato esclusivamente dagli israeliti.

Questo contesto storico e sociale getta luce sulla storia del Ghetto ebraico a Firenze durante questo periodo, evidenziando i cambiamenti che si sono verificati nel corso del tempo.

Tratto da:
Guido Carocci, Il ghetto di Firenze e i suoi ricordi, illustrazione storica, Firenze, Galetti e Cocci, 1886.
 
(1) Il Chiasso non esiste più, ma la via corre da borgo San Jacopo a via dello Sprone, incontrando lungo il tracciato via dei Barbadori
(2) Via dei Giudei oggi si chiama via de' Ramaglianti

 

Pianta del Ghetto di Firenze del 1721

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